
Il nuovo Monopoli è femminista Perché tutti gli uomini, anche quei signori che nessuna di noi toccherebbe neanche con una canna da pesca, hanno diritto ad esprimere la loro opinione sulle donne? E non solo al bar: negli spogliatoi del campo di calcetto, sui gruppi WhatsApp, sotto alle foto sui social Perché i loro neuroni devono fare la fatica inutile di formare un giudizio estetico su ogni donna che gli passa davanti? Noi, con loro, non lo facciamo. Li ascolto, li apprezzo — o meno — e basta. A una conduttrice dello stesso programma invece verrà rinfacciato il non assomigliare ad una diva del cinema muto. E se una donna si candida alle elezioni poco importa quanto sia preparata: nei circoli, nei salotti, nella sezione commenti di Facebook o Instagram, la discussione verterà inevitabilmente sulla sua appetibilità sessuale, quasi sempre scandita da toni beceri e ignobili.
Lo stesso atteggiamento si ritrova più oppure meno in tutti settori professionali, insieme una maggior veemenza in quelli nei quali la presenza femminile è più recente, inusuale o comunque minoritaria. Distintamente, non si tratta di cambiare la -o in -a in maniera automatica e ineluttabile: le regole per la formazione dei femminili variano a seconda del tipo di sostantivo con cui si ha a che fare. Addensato, sono termini che derivano alla lontana dal participio presente di un legge o latino o italianooppure sono termini che finiscono in -a per ragioni etimologiche astronauta, geriatra. Potremmo, con una piccola forzatura, includere in questa classe quei nomi riferiti a esseri umani che hanno solo un genere, a volte perfino incongruo con la individuo alla quale sono riferiti: il pedone, la vittima, ma anche la custode, la spia o il soprano sempre riferito a una donna, in canto. Alcuni li definiscono neologismi e li trattano con lo stesso fastidio confidenziale generalmente alle parole nuove, che vengono guardate con diffidenza e perplessità. Le resistenze sembrano venire da altrove. Più che linguistici in senso stretto, i problemi appaiono essere di natura assistenziale e culturale. Sessismo e potere discriminante delle parole, a cura di M.